domenica 15 giugno 2014

La strada del cambiamento.

Per uscire dal flagello della corruzione fatta sistema che impoverisce la nostra Nazione e alimenta i tenutari di questo ormai sperimentato consociativismo, occorrono l' ansia, la voglia e il desiderio del cambiamento senza mai cedere alla smania che un solo partito possa risolvere ogni cosa senza l'aiuto di forze sane che inevitabilmente esistono in tutti i partiti. In politica una posizione così intransigente è perdente; al massimo serve a consolidare lo zoccolo duro del partito che propone questo atteggiamento, pur giusto, riducendo però tutta la compagine dei moderati, i quali magari condividono il cambiamento ma saranno sempre sospettosi rispetto ai toni, peraltro facilmente manipolabili dalla concorrenza che si compatterà facendo terrorismo psicologico sui rischi del cambiamento e sulle sue eventuali ricadute negative. Questo non riconoscere nessuna possibilità agli altri partiti politici di poter cooperare per un sano cambiamento in un prossimo futuro genera paura e confusione. Perché il rifiuto non è rivolto ai singoli restanti partiti; ma ai milioni di elettori che questi rappresentano. 
L' esempio ci viene da Pinochet quando fu obbligato dalla comunità internazionale a confermare il suo potere per altri otto anni con un referendum: era convinto di vincere. Allora gli oppositori si misero, molto umilmente, nelle mani di un pubblicista cileno, Renè Saavedre, e seguirono i suoi suggerimenti, all'inizio con rabbia e controvoglia, estremamente perplessi. 
> La pancia e le famiglie con vittime delle violenze subite dal  regime avrebbe preteso che nei 15 minuti di propaganda elettorale messi a disposizione da Pinochet si raccontassero storie vere di morti, stupri e sofferenze, insomma una monotonia dell'orrore, anche se vera. 
Saavedre, invece, veicolò in quei 15 minuti, sempre notturni, un unico messaggio ma chiaro sull'assenza della felicità e dell'allegria alla quale i cileni avevano dovuto rinunciare durante la dittatura. Un concetto semplice che diceva tutto apparentemente senza dire nulla, perché era privo di accenti esasperati. Ebbene, tutti i cileni capirono, anche se molti solo dopo il risultato, che per raggiungere quei valori dimenticati occorreva la democrazia. Questa intelligente impostazione fece venire voglia di allegria e quindi di democrazia anche ad una triste parte di elettori che operava con Pinochet. Difficile pensare, se si fosse proposto un feroce regolamento di conti contro tutto il regime, quale poteva essere il risultato. Il NO a Pinochet vinse.  

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