venerdì 28 marzo 2014

Cosa hanno in più dei nostri politici, quelli di Gran bretania, Olanda, Danimarca, Canada e Australia che hanno preso una diversa e più intelligente decisione?

L’incredibile storia degli F35 e gli incredibili sperperi dell’Italia


09 lug 2013 Scritto da C.Alessandro Mauceri 6 Comments


Qualche mese fa, durante il periodo in cui governava Mario Monti, scoppiò una grande polemica sul fatto che l’Italia aveva deciso di acquistare dalla Lockeed 121 aerei da caccia, gli F35. In realtà, i motivi del dissenso erano molti. Innanzitutto il fatto che, in un momento di crisi, come quello che stava attraversando il nostro Paese, era stato deciso di spendere una somma enorme per rinnovare la flotta aerea.
F35. Foto tratta da  da www.ecquologia.com
F35. Foto tratta da da www.ecquologia.com
Anche sulla scelta degli F35, poi, erano sorti molti dubbi. Perché l’Italia aveva dovuto acquistare aerei prodotti negli Stati Uniti d’America pur avendo sul proprio territorio una delle maggiori aziende produttrici di aerei militari, la Aermacchi, che produce velivoli estremamente competitivi? Tanto più che Aermacchi è parte del gruppo Finmeccanica, azienda a compartecipazione statale e che l’acquisto di quegli aerei avrebbe potuto avere effetti positivi, sia diretti che indiretti, su tutto il territorio.
In pratica sarebbe come se un contadino che coltiva mele decidesse di andare a comprarle dal fruttivendolo pur avendo le proprie appese all’albero!
Monti allora decise di ridurre l’ordinativo per l’acquisto dei velivoli a 90. In molti pensarono che forse la scelta del Governo era stata fatta per evitare ulteriori polemiche circa le enormi spese destinate alla difesa, oppure che si fosse trattato di una sorta di rinsavimento della classe politica nazionale a seguito del peggioramento delle condizioni di vita degli italiani. Oppure, ancora, che tale riduzione fosse stata suggerita dall’Unione Europea e inserita nelle misure anticrisi per salvare il nostro Paese.
Ma col passare dei mesi i dubbi sulle scelte prima del Governo Berlusconi, poi del Governo Monti e infine del Governo Letta non sono diminuite, anzi semmai sono cresciute. Sì, perché nel frattempo sono state diffuse informazioni circa gli F35 che prima non erano state diffuse adeguatamente. Perché la storia degli F35 (come riportato da Investireoggi) pare risalga addirittura al 1993 (già questa data lascia comprendere come i nostri governanti abbiano fatto un affare comprando “l’ultimo” ritrovato della tecnologia aerospaziale).
Fu in quell’anno che, dopo la fine della “minaccia” URSS, gli Stati Uniti d’America decisero che era ora, dopo decenni di spese folli dovute alla ITALY-POLITICS-GOVERNMENTguerra fredda, di cominciare a risparmiare sugli armamenti. L’allora Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, chiese quindi che tutti i servizi aerei americani venissero unificati nel programma JAST (Joint Advance Strike Tecnology), inclusi ovviamente i progetti per creare aerei da combattimento.
Nel 1996 il programma JAST cambiò nome in JSF, Joint Strike Fighter, e si decise che era il momento di passare alla produzione. Tra le proposte presentate ne furono scelte due: una della Boeing, con il modello chiamato X-32, e una della Lockheed, che proponeva l’ X-35. Dopo una dura battaglia (visto che si trattava di uno scontro tra titani) fu scelto il progetto della Lockheed, che prese il nome definitivo di F-35.
Sì, ma con tutto questo che cosa c’entra l’Italia? C’entra, eccome. Infatti, partner del progetto per la realizazione dell’F35 fu scelta l’Italia, con un impegno economico (allora) di 1 miliardo di dollari. Erano gli anni del Governo Prodi, il quale, invece di promuovere lo sviluppo delle aziende italiane, decise di partecipare al progetto di realizzazione dell’F-35.
Nel 1996, quando Ministro della Difesa era Giulio Andreatta, il progetto fu approvato sia con i voti sia del centrodestra che con quelli del centrosinistra (i più attenti lettori noteranno che quando si tratta di scelte importanti in Parlamento non si pensa neanche al termine opposizione: partecipano tutti e di buon gusto).
L’impegno del nostro Paese fu poi riconfermato durante il Governo D’Alema che, in Commissione Difesa, potè di nuovo contare sull’approvazione all’unanimità di Forza Italia, dell’Ulivo e della Lega Nord.
berlusconiAnche durante il successivo Governo Berlusconi, nel 2002, quando alla Difesa c’era Antonio Martino, la decisione di partecipare al progetto fu confermata. E così ancora nel 2007, durante il secondo Governo Prodi, quando fu richiesta la firma definitiva dell’accordo per partecipare alla “Fase 2”, ovvero alla fase di costruzione del velivolo, che avrebbe impegnato l’Italia economicamente fino al 2046. E così via attraverso tutti i Governi (è bene sottolineare TUTTI) sino ad arrivare al Governo attuale.
Ora, al di là delle motivazioni che avrebbero dovuto giustificare una simile scelta (in molti hanno contestato che, secondo alcuni, vi sarebbero errori addirittura pacchiani sia circa il numero degli aerei in dotazione dell’esercito italiano, sia in merito al fatto che fossero obsoleti), sin dall’inizio emersero alcuni problemi per la relazione dei nuovi caccia. Problemi che, per chi ha lavorato alla progettazione, come l’Italia, avrebbero dovuto essere evidenti fin da subito.
Infatti, sebbene la Lockheed Martin sia, con 45 miliardi di dollari di fatturato (dato 2009) e 140.000 dipendenti, un colosso mondiale, il progetto per l’F35 si rivelò fallimentare sin dall’inizio. Ritardi, costi più alti del previsto e in continua crescita, fecero somigliare il progetto dell’F35 il tipico progetto per l’esecuzione di lavori pubblici in Italia: alla fine il costo medio ad aereo è aumentato dell’81%. E la fase iniziale, quella cofinanziata con i soldi dei contribuenti italiani, è passata dai 20 miliardi previsti ai 40 miliardi effettivi. Aumenti che hanno reso necessario, in America, il ricorso alla legge Nunn McCurdy, che impone una riapprovazione politica dei programmi militari nel caso in cui il costo superi del 25% quello previsto all’origine.
La vicenda degli F35 è diventata ormai un palese fallimento. Tanto che, a gennaio, Robert Gates, segretario della difesa americano, ha detto cheeuro-affari gli USA non escludono che “se entro due anni i problemi tecnici agli F35 non saranno risolti il Governo abbandonerà il progetto”.
L’Italia aveva dichiarato, nel 2007, di voler comprare 120 aerei, per una spesa stimata, all’epoca, in 7 miliardi di euro, ma questa cifra sembra destinata ad aumentare. Del resto, come fare a rinunciare all’acquisto di ciò per cui si è speso tanto?
Intanto molti dei committenti (tra cui Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Canada e Australia), nel frattempo, vista la scarsa qualità del prodotto e i suoi costi, hanno rinunciato all’acquisto. Del resto, come dargli torto visto il giudizio della RAND Corporation, società di analisi strategiche che collabora col Dipartimento della Difesa USA, che ha criticato l’F-35, affermando che in un conflitto reale non sarebbe in grado di competere con uno dei diretti concorrenti, il cacciabombardiere russo Su-35.
Poi, anche sotto il profilo economico, pare che l’F35 non sia competitivo, tanto che la stessa Marina americana ha stimato che i costi di manutenzione degli F35 saranno del 30-40% superiori a quelli dei caccia attualmente in uso. Tanto elevati da poter diventare eccessivi anche in considerazione del fatto che, a fare concorrenza a giorni sarà anche la Cina con il suo nuovo caccia di quinta generazione Jian-31 (J-31). E ciò anche grazie alla collaborazione tra Cina e Russia. Nella versione sperimentale del J-31, infatti, pare vengano utilizzati motori russi (RD-93).
Tornando ai motivi che, sin dal primo momento, avrebbero dovuto far sì che l’Italia non partecipasse a questo progetto, ci sarebbe addirittura anche l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
Giulio Marcon, deputato di Sel, ha detto: “Si tratta di aerei che non servono per le missioni di pace e per difendere il Paese, ma solo per fare la guerra e oltretutto per portare ordigni nucleari”. Insomma, secondo la nostra Costituzione, il nostro Paese dovrebbe dotarsi di armi “da difesa” (come gli Eurofighter, scartati pur essendo più economici e privi di difetti) e non di aerei d’attacco come gli F35 che possono addirittura essere dotati di missili a testata atomica.
Forse è per questo motivo, oppure per il fatto che nel frattempo è stata diffusa la notizia che l’F35 sarebbe “difettoso”, avendo problemi di volo in certe condizioni meteorologiche o per chissà quale altro motivo, fatto sta che Monti, lo scorso anno decise di ridurre il numero di F35 da 131 a 90. Naturalmente omettendo di dire che il costo di questi aerei nel frattempo era cresciuto da 80 a 127 milioni cadauno e che, quindi, la manovra di Monti non è servita affatto a ridurre i costi (chi ne volesse la prova faccia il prodotto nei due casi e vedrà che il totale è quasi uguale, anzi, semmai, è aumentato). Anzi per mettersi al sicuro le somme necessarie erano già state rese disponibili effettuando tagli al personale della Difesa. Infatti la spendig review ha previsto di ridurre il personale della Difesa 20% cioè 43.000 unità, 30 mila militari e 13 mila civili.
Nei giorni scorsi, (a fare da ciliegina sulla torta, ma, per digerire un boccone amaro come questo, ci vorrebbe ben altro) sono state diffuse altre due notizie. La prima è che, alla vigilia del dibattito parlamentare sugli F-35, il Ministro della Difesa, Mario Mauro, ha rilanciato l’ipotesi di acquistarne 131, invece dei 90 decisi da Monti. Facendo in questo modo lievitare in modo esponenziale le spese per la difesa.
La seconda, poi, ha dell’incredibile (e infatti le autorità si sono guardate bene sia dal confermarla che smentirla). Componente essenziale e insostituibile degli F35 sarebbe l’ALIS.
Ebbene ALIS è lo strumento operativo di un concetto avanzato di logistica che prevede un insieme di processi controllati da terra, chiamato “Autonomic Logistics Global Sustainment (ALGS)”. Il “Country Point of Entry” italiano dell’ALIS dovrebbe essere la base italiana di Cameri. Il problema è che il centro di comando di questo sistema di controllo degli F35, questa sorta di “grande fratello” in grado di rendere inutilizzabili gli aerei comprati dai nostri politici italiani (TUTTI) con i soldi degli italiani, è allocato alla Lockheed Martin di Fort Worth ed è sotto esclusivo controllo USA. Anche il centro ALIS di Cameri infatti sarà controllato direttamente dal Dipartimento della Difesa statunitense.
“Ci troviamo di fronte – ha detto all’Adnkronos Gianandrea Gaiani, direttore di “Analisidifesa.it”- ad un aereo che, di fatto, sarà gestito dagli americani”.
In altre parole, riepilogando, grazie ai nostri politici abbiamo speso una somma enorme di denaro che avremmo potuto utilizzare per la cultura (Pompei sta letteralmente cadendo a pezzi), per la Sanità e per l’istruzione (basti pensare ai tagli fatti dal Governo in carica). E a cosa sono serviti questi soldi? A comprare qualcosa di inutile, che funziona male e che, anche quando funziona bene, è controllata dai militari di un Paese terzo.
Del resto, come biasimarli, visto che oggi gli “strumenti per la difesa dell’Italia” servono in Iraq o in Afganistan o ad Haiti, dove si troverebbe in questo momento la nostra portaerei (ma che ci sta a fare al capo opposto del pianeta se doveva difendere l’Italia?), oppure, in Islanda impegnati nell’operazione “Cieli Ghiacciati” della NATO, (in base alla quale chi ha la possibilità di mettere assetti a disposizione di altri partner lo deve fare).
L’Italia ha già speso 2,5 miliardi in 10 anni e molti ancora dovrà spenderne. Infatti, per acqusTare 90 o 130 aerei F35 serviranno 13, 15, forse 19 miliardi di euro. Per l’acquisto di questi aerei i soldi, a quanto pare, ci sono. Mentre per non ridurre l’Iva e per restituire l’Imu i soldi non ci sono.
La domanda a questo punto è: quanti soldi sarà necessario sperperare prima che gli italiani capiscano quello che da un ventennio ormai avviene sotto i loro occhi?

mercoledì 26 marzo 2014

Ci possiamo solo consolare pensando che stavamo peggio sotto i bombardamenti!

 La mafia ha trasformato in banchetto i lavori per l' Expo di Milano, la tangenziale, la metropolitana e l' area della fiera costringendo la procura a decapitare le Infrastrutture Lombarde per 1/4 di miliardo di euro gestito dal cerchio del Pirellone, con la certezza degli addetti ai lavori che gran parte delle opere connesse (1) non si ultimeranno mai! A questo punto, le opere di cui si ha la certezza che non saranno ultimate, sarà meglio non iniziarle nemmeno; perché passata la festa, queste incompiute, serviranno solo agli inviati di striscia la notizia! Si possono solo trarre tristi conseguenze: oltre alla figuraccia che farà il nostro Governo pur non avendo grandi colpe, bisognerebbe avere il coraggio di rimandare l'evento di un anno per  sopraggiunta corruzione! Cosa si può fare ora che non si è voluto o potuto fare quando c'era tutto il tempo? Gare di appalto trasparenti? Non ne siamo capaci! Non dovevano, se chi ci governa fosse stato  serio e avesse conosciuto i "suoi polli", prendersi questo obbligo di gestire un evento che è difficile anche per quelle Nazioni che hanno le leggi sulla corruzione che funzionano! Se invece andremo avanti come se nulla fosse successo ho paura che questa volta la brutta figura sarà col botto! Meno male che per l' assegnazione delle olimpiadi a Roma qualcuno ha avuto il coraggio di dire no!  
> (1) Per opera connessa si intende l' opera che serve esclusivamente per il periodo della fiera.

L' Europa così non può andare avanti!

 La Germania ha sì perso la guerra, ma ha stravinto la pace. E la vittoria si è palesata con l' euro, che la ha posizionata al primo posto in quasi tutti i settori. D'altronde è chiaro ormai a tutti che l'Unione Europa è convinta sostenitrice che la crisi deve essere pagata dalle classi medie e medio-basse, salvando, con finanziamenti nostri tutte le banche che hanno lavorato con metodologie sicuramente disinvolte! C'è poi un atteggiamento della Unione che, suo malgrado, parla direttamente alla pancia di tutti gli europei: lo scempio e lo spreco del denaro pubblico. Ad esempio se quello che contengono quei 3000 bauli che mensilmente vengono trasportati da Bruxelles a Strasburgo, e viceversa, fosse ricomperato e collocato non esisterebbe più questo demenziale trasporto! Ma si è deciso per il trasporto usando 20 tir! Come al tempo dell'antico Egitto quando parlava il Faraone e lo scriba, in adorazione, sentenziava: "Così è detto e così sia fatto!" Per non parlare poi della doppia sede; quando cercheranno di spiegarci il motivo di tale decisione, daranno origine a un "non senso" che farà cadere giù tutto!  Ricordiamoci che la pancia ha le sue esigenze e questi signori non sanno che esiste! E poi c'è il costo che tutti gli Stati devono sostenere per appartenere all'Unione; e qui l' Europa è stata bravissima a fare sentire normale, quasi bello, pagare il costo annuo all'Unione; facciamo pari a cento il costo annuo di appartenenza, e dovremmo sentirci fortunati quasi immeritevoli quando l'Unione ci restituisce cinquanta (la metà) come fosse un regalo. Ed essendo un premio è dotato di penali che normalmente suonano così: "Se questi soldi non li spendi entro e non oltre un certo termine (stabilito dal genio di turno) questa cifra sarà passata ad altri, mentre il costo della loro disorganizzazione, relativa al trasporto solo degli armadi è un miliardo annuo fatturato. Come possono pensare di durare? Come possono pensare di continuare a bacchettare tutti? Sono semplicemente diversi da noi ed avulsi dalla realtà, e non conoscono la pancia! Speriamo che questo tipo di Europa non duri, e lasci il posto ad una nuova Unione che oltre al rispetto per i nostri soldi e la nostra gente, pretenda che tutti gli Stati partecipanti abbiano una legge contro la corruzione!  

lunedì 24 marzo 2014

Prima o poi qualcosa dovrà cambiare.

Ecco cosa, ad esempio sarebbe giusto  sapere e sentire "qualcuno parlarne". 1) Di quanti chilowattora abbiamo bisogno come sistema paese. 2) Quanti kWh produciamo con il sistema tradizionale cioè "sporco" Carbone olio. 3) Quanti kwh produciamo con i sistemi puliti: centrali solari, panelli solari ed eolico. 4) Quanti kWh la crisi ci permette di consumare in meno, e quindi non produrre kWh. 5) Vogliamo sapere se è sempre di interesse generale, e quindi sentito dai nostri rappresentanti politici, cercare di produrre meno kWh con sistema "sporco".  6) Sappiamo che la domanda di energia nel 2012 è scesa del 1,9% e nel 2013 del 3,4%!  Gran brutto segnale quello sferrato dal nostro Governo con la promulgazione di una legge che se su un tetto di una casa sono ospitati panelli solari che superano i 3 kWh quella casa pagherà più tasse; qualcuno potrebbe vederla come una tutela alla vecchie produzioni. Non è che le lobbie della produzione sporca siano terrorizzate del cambiamento?  Ad esempio a Genova c'è una centrale a carbone sul porto, che avvolge con le sue polveri tutte le case circostanti; domanda? Se ne potrebbe fare a meno? E perché non spegnerla!  Cosa ne facciamo di questo 3,4% del 2013 di energia non consumata se non possiamo stoccarla? Perché oltre alla centrale i genovesi si devono respirare da sempre e per tutta la vita i fumi delle navi, e in particolare i traghetti sempre accesi, giorno e notte quando basterebbe collegarle all'esubero di corrente. La qualità dell' aria, per chi abita vicino alla lanterna sarebbe migliore!

domenica 16 marzo 2014

La demente politica del carbone.

 La profonda e avvilente divisione che a Vado opera su ragazzi della stessa scuola a causa della chiusura della Tirreno Power, dimostra il bassissimo livello della preparazione della nostra classe politica. La situazione inevitabilmente, e meno male, è affrontata ora dalla magistratura; perché la nostra politica sa solo galleggiare. A Vado la T. P. ha sistematicamente disatteso l' impegno preso, molte volte, con la politica di rendere meno velenosa la propria produzione, facendo pochissimo o quasi nulla. Perché sapeva di poterselo permettere!  L' atteggiamento che ora la T.P. è costretta a prendere, causa la chiusura imposta dalla magistratura, era per lei inimmaginabile fin quando trattava con la politica a qualunque livello; forte del fatto che nessuno avrebbe mai alzato la voce! E poi c'era la Stoppani che ha sempre tappato la bocca alla politica e a tutti quelli che si opponevano, minacciando licenziamenti difesi sempre a prescindere dal disastro ambientale che rimarrà, per "sempre", o comunque ancora per parecchie generazione! La Tirreno Power al confronto si sentiva una colomba bianca. Ma questi ragazzi che si litigano a scuola, una parte legata inevitabilmente ad almeno uno dei 427 morti o a quei 2097 malati gravi per colpa dello stesso mai riconosciuto motivo; e l' altra parte legata al migliaio di persone con il rischio di perdere il lavoro se dovesse veramente chiudere l' impianto, insomma questa brutta e avvilente situazione, ha solo un certo e sicuro responsabile: l' incapacità della politica di rappresentare interessi sani, e quindi come tali di tutti!"Inquinamento sotto accusa: 442 morti e 2000 ricoveri sospetti. Vado, i giudici spengono la centrale: La vita delle persone va tutelata, basta con le furbate. Il silenzio dell' azienda." La magistratura inevitabilmente interviene quando le parti visibilmente si comportano con dolo e favoriscono palesemente i loro interessi. Questa condizione è  insopportabile perché a questa dolorosa situazione si è arrivati semplicemente perché  "si è permesso che l' impianto non fosse fornito delle migliori tecnologie disponibili. Si è anche sempre taciuto sulla inesistente struttura per coprire il carbone." La vera beffa la si ha quando il forte vento allontana i nocivi fumi delle ciminiere ma avvolge Vado e dintorni nella polvere del carbone "non coperto."
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lunedì 10 marzo 2014

Il nostro cancro, la corruzione!

 Tutti i sistemi più sofisticati sono operanti per controllare chi non riesce più ad "andare avanti". Negozianti, artigiani, impresari, professionisti di fascia normale!  Soldi ai lavoratori o alle imprese? E il cuneo fiscale? Bisogna mettere in condizione di fare consumare la gente, oppure addio tasse e addio bengodi. Nessuno si prende il disturbo di urlare la mancanza (che invece tutta Europa ha) di una legge che contrasti la più sfacciata delle corruzioni: quella italiana!  Nessuno "sa", neppure il disinibito Renzi, che a causa della prescrizione "pro corrotti" in Italia ci sono 11 (undici) corrotti in carcere contro gli 8500 della Germania e i 6500 della Francia!  E quando la prescrizione elargirà la sua "giustizia" (solo dopo aver perso  tempo e denaro per giudicare chi non potrà mai essere condannato), verrà restituito il maltolto e la certezza di migliorare la loro posizione economico-sociale a tutti i corrotti "prescritti"!  E' dal 2003 che la corruzione viene premiata dal "non bloccare" la prescrizione al primo grado di giudizio!!  Perché non interviene l' Europa? Perché vuole i conti in regola, a prescindere dalla corruzione? Perché Lei che ha operante la legge sulla tracciabilita dei rifiuti tossici nocivi non ha scoperto il quantitativo che ha elargito all'Italia, attuando un risparmio poco europeo? Corrompendo e trattando naturalmente con gli addetti allo smaltimento dei rifiuti tossici! Prima o poi queste cose le dobbiamo digerire tutti. Altrimenti ci saranno sempre più corrotti, i ricchi saranno sempre più pochi e sempre più ricchi, la repressione finanziaria colpirà sempre i più indifesi e quindi produrrà sempre più suicidi! E' ammirevole l' accordo implicito raggiunto fra partiti e movimenti, che in pubblico poi fingono di sbranarsi, per non parlare pubblicamente più di corruzione!! 

domenica 9 marzo 2014

Nucleare, questo sconosciuto.

Solo ora si capisce quale sia il costo, e quale l'incoscienza politica necessaria, per smaltire e nascondere i rifiuti tossici e radioattivi. A La Spezia si è capito che il valzer del plutonio avanti e indietro finirà nel 2035. E l' Italia ha smesso il "nucleare" con il referendum del 1987 che ha fatto registrare il seguente esito: contro 70.4%; a favore 16.9%; schede bianche 8.5%; nulle 4.2%. Quindi quasi tutti convinti di pagare l'energia non nucleare molto di più, però più tranquilli!  Ma forse non abbiamo considerato i costi "omessi", come quelli che abbiamo ancora da sostenere, nonostante da venti anni non siamo più "nucleari"; fino al 2012 Sogin ha speso 2.1 miliardi di euro e ne occorrono ancora 3.8. Più il costo della realizzazione di un "buco deposito", che nessuno vuole, del valore di circa un altro miliardo! E se avessimo continuato con il nucleare, quanto dovremmo ancora pagare per la  corrente a basso costo proposta dalla lobby di allora, per smaltire la produzione dei rifiuti nucleari di questi ultimi 20 anni? Non possiamo credere al signor Casale (ex Amiu) quando afferma che chi ospiterà il buco farà un affare! Sopratutto da quando se metti panelli solari che (e questo solo da due mesi) superano i tre chilowatt pagherai più tasse sulla costruzione che li ospita! A volte si ha la sensazione che a risolvere i problemi seri abbiano incaricato dei "disinvoltoni"!   

mercoledì 5 marzo 2014

Alcune domande su Scarpino.

 Le domande a cui la politica e la magistratura dovranno dare risposte, dopo l' ufficialità delle dichiarazioni di Carmine Spatuzza sono le seguenti: può il percolato della discarica di Scarpino sprigionare queste quantità e qualità così venefiche da non essere mai state avvertite? Oppure questo inconveniente è stato rafforzato dalla solidarietà che ha portato i dirigenti di Scarpino ad ospitare un discreto quantitativo di "cammionate" di spazzatura napoletana? Altra domanda: era tutta napoletana la spazzatura oppure ne esisteva, furbescamente nascosta, anche un quantitativo proveniente dalla "terra dei fuochi"?
L' impegno preso dal dirigente D'Alema con il P.M è: "faremo più raccolta differenziata". Un'altra umana domanda: perché non si è fatta prima?  
E ancora, una spiegazione a cui tutti noi abbiamo in diritto: qual è l'impedimento che non permette di informare la cittadinanza sull'andamento mensile della percentuale di differenziata raggiunta, e consente la lenta e parziale informazione che abbiamo avuto fino a questo momento!

lunedì 3 marzo 2014

Basta con queste odiose gherminello.

Caro signor Tal dei Tali, non ha vergogna ad aver permesso all'Agenzia delle Entrate (con la creazione della circolare 36/E del dicembre 2013) di non considerare più gli impianti che sfruttano, mediante panelli l' energia solare, una fonte di risparmio, per chi ha creduto nella propaganda di Stato, e quindi in in grado di diminuire la dipendenza dal petrolio e carbone con tutto quello che di socialmente utile ci avete convinto a credere in anni di martellante pubblicità!  Ma di considerare ora con estrema disinvoltura, da detta Agenzia questi investimenti qualora superino i 3KW diventano fautori di aumento di rendita catastale, quindi maggiore Imu e maggiore Tares; quindi un altro aumento di tasse.  Il tutto fatto con la suddetta leggina se non incostituzionale in quanto retroattiva, sicuramente illegittima! Ma mettetevi nei panni di un investitore straniero, che sentiti gli incentivi a cui avrebbe dovuto,(se vivesse in un paese normale) avere diritto, naturalmente prima del Dicembre 2013, due mesi fa, abbia coperto il tetto del suo capannone con panelli solari, magari convinto di fare un investimento anche socialmente utile, oltre al risparmio sulla corrente elettrica autonomamente prodotta! Ora si sente come solo in Italia, ci si può sentire, con una classe amministrativa che ha la più grande e devastante mancanza di rispetto nei confronti delle persone!  Signor Tal dei Tali non ha pensato da ora e per il futuro gli impianti che superano i 3KW diventeranno solo un miraggio! Oppure correrà, quando tutti avranno percepito i disastri di questa triste gherminella, a ritirare la legge come Letta fu costretto a fare con la legge che avrebbe dovuto colpire i comuni se avessero inibito, in qualunque modo, le società che gestiscono le slot-machine nel loro gioioso posizionamento di dette macchinette. Noi ambiamo solo ad essere "governati" da persone normali! Voi siete troppo "creativi".

Il miliardario Warren Buffet decide di investire nell' eolico.

Il ricco uomo d’affari statunitense avrebbe infatti acquistato, attraverso la propria società di servizi Mid American Energy, uno degli impianti di turbine eoliche più estesi al mondo per circa 1 miliardo di dollari. Si tratta di uno dei più importanti acquisti nel campo dell’energia prodotta dalla forza del vento mai effettuati in un settore che negli Stati Uniti è in continua espansione. E’ l’Iowa lo Stato che ospiterà il parco che dovrebbe entrare in funzione nel 2015 e dove sono state installate le prime turbine. Già operativo l’impianto da 44 Megawatt Vienna II. In Italia questo non sarebbe possibile perché le persone politicamente protette hanno la necessità di continuare (e questa è la prova della loro grande ignoranza economica, alimentata da un demente lobbismo, che genera l'incapacità di capire che il mondo cambia) a occupare, con profitto, posizioni antieconomiche per l'intera società ma non per loro. Mi riferisco alla Sorgenia di Carlo De Benedetti; si legge sui giornali di un intervento del Governo perché l' eolico, il fotovoltaico e la crisi cominciano a indebolire la posizione del privilegiato. Qualche insensatezza la si poteva anche presumere quando due mesi fa il Governo ha tassato retroattivamente gli impianti fotovoltaici di oltre 3 chilowatt; misura impensabile soprattutto dopo una martellante propaganda per sottrarci dal consumo inquinante di gas e petrolio; ma evidentemente questi, una volta sani investimenti, incominciavano a dare fastidio a chi è abituato al guadagno per privilegio e non per capacità!  Se ciò è vero ha avuto ragione Grillo quando è stato intransigente con il Presidente Renzi.

Sistri; sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti.

Sta per partire la seconda fase del sistema di tracciamento dei rifiuti. Sostiene Confcommercio che questo sistema deve ritardare per poter portare modifiche, "senza le quali è inevitabile un appesantimento operativo ed economico delle imprese". Con questa normativa (Sistri: sistema di controllo della tracciabilità  dei rifiuti)  le aziende  e i trasportatori dovrebbero sostenere "costi smisurati." Cioè non misurabili!  Vorrei sapere se c'è qualcuno che è in grado di misurare il danno e le morti, tuttora in corso, che colpiscono famiglie che abitano la terra dei fuochi, nello spezzino e in tutte quelle aree che scopriremo nel nostro, non bello, futuro prossimo! Questo sistema è nato con l' obiettivo di "tutelare l' ambiente, gli imprenditori onesti  colpire l' illegalità e la criminalità  contrastando lo "sporco e redditizio" traffico illegale dei rifiuti. Va ricordato che un sistema di controllo dei rifiuti tossici e velenosi esiste e funziona in quasi tutti i paesi europei. Non è dato sapere se detti sistemi europei abbiano potuto funzionare meglio potendo contare sull' Italia, come zona mai controllata da sistemi di tracciabilità negli ultimi decenni!  Questa difesa della produttività delle imprese produttrici, inevitabilmente, anche di veleni e sostanze tossiche, mi ricorda quando la produttività della Stoppani veniva tutelata dall'attacco degli ambientalisti con l' atteggiamento politico che ha argomentato per molti decenni (mentre tutto il terreno, il torrente Lerone le spiagge e il mare venivano avvelenati): se continuiamo a mettere bastoni nelle ruote alla Stoppani che dà lavoro a molti padri di famiglia (e morte, come si scoprirà dopo), prima o poi se ne va... Se ne è andata ugualmente, avvelenando tutto intorno a se per cento anni circa, ma per altri motivi, nel 2003 e quello che ci ha lasciato è proprio brutto.

La corruzione disinteressa anche il nuovo che avanza.

 Ma caro Graziano Delrio, come può pensare di tranquillizzare quando dice che non farà una patrimoniale? Se poi sostiene tranquillamente che una signora che ha messo da parte 100 mila euro prelevandole 25/30 euro non dovrebbe subire danni! Lei non ha capito il problema!!!! Semplicemente spiegato da tutto quello che tutti e tutti i giorni leggiamo sui giornali (Genova secoloXIX del 21 scorso): "Cricca degli appalti, tutti promossi: dall'ingegnere che gestiva 50 milioni, all'ex consulente dell'Expo e altri colleghi inquisiti". Gran parte  delle banche sono state maldestramente saccheggiate dai propri alti dirigenti; a Roma la dirigenza dei trasporti pubblici si stampava e vendeva per conto proprio i biglietti. Gli inquisiti degli appalti di  Genova, stanno occupando posti ancora più prestigiosi  di quelli che occupavano quando sono stati indagati! Saremmo disposti tutti a dare molto di più di 30 euro su 100 mila se si facesse una legge sulla corruzione che impedisca simili letture quotidiane, ma neppure se ne parla anche se simili irrimandabili provvedimenti sarebbero  considerati inderogabili in qualunque paese di media civiltà!! Ma da noi, in Italia, di questo argomento non se ne parla!  Nessun leader giovane o vecchio che sia parla di questo problema mai risolto.  Perché per noi, persone normali, è molto offensivo che 30 euro su 100 mila  anche se pochi soldi, siano sempre manipolati dai soliti impuniti che hanno passato la vita a spendere denari pubblici!! Con la certezza matematica che qualunque cosa combinino, non esiste una legge che li possa minimamente inibire!

domenica 2 marzo 2014

Purtroppo è accaduto.

Non eravamo nel medio evo, io ero ragazzo, e sentivo "i grandi" che quando si parlava della Stoppani, con il cipiglio di chi le cose le sa, sostenevano...se si continua cosi, prima o poi il signor Stoppani si stanca e se ne va.....Non è proprio successo questo, ma la nostra politica del tempo ha dato una immagine di se veramente devastante.                                                                 Situazione Area ex Stoppani alla data del 12/10/2011 PDFStampaE-mail

Scritto da Salvatore Muscatello
Mercoledì 12 Ottobre 2011 21:03

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supportate da riscontri oggettivi saranno
pubblicati periodicamente sul nostro sito.
Sul confine dei due comuni tra Arenzano e Cogoleto, dove scorre il torrente Lerone, fu insediato nei primi anni del ‘900 lo stabilimento chimico Stoppani, avviando una produzione rilevante di sali di cromo, prevalentemente destinati alle concerie.
I problemi di inquinamento ambientale cominciano ad affacciarsi in modo clamoroso nei primi anni settanta, dove nelle colture della Val Lerone, la vallata in cui si trova lo stabilimento Stoppani, vengono trovate tracce di metalli pesanti tra cui il cromo.
La Capitaneria del Porto di Genova tenta di eliminare lo scarico dei residui al cromo sulla spiaggia di Cogoleto, emanando una ordinanza di divieto in base alla legge Merli. La Stoppani ricorre immediatamente contro tale atto, minacciando la chiusura e chiedendo tre anni di tempo per adeguarsi alle normative.
Il Tar Ligure, però, nel gennaio 1978 accoglie il ricorso e annulla l’ordinanza della Capitaneria di Porto.
La Stoppani riprende così a scaricare i fanghi sulla battigia, lasciando al mare il compito di smaltirli. I risultati si vedranno qualche anno dopo. Alcuni chilometri di litorale saranno interdetti alla balneazione e alla pesca, con danni di milioni di euro soprattutto alle attività turistiche.
Arriviamo al febbraio 1982 quando il Pretore di Genova-Voltri blocca la produzione dello stabilimento e sequestra gli impianti, avendo rilevato ripetute violazioni della legge Merli. Ancora una volta, di fronte alla minaccia di chiusura dello stabilimento, affiora per la prima volta l’idea di gettare i fanghi in mare. Dopo dieci giorni, il Pretore revoca il sequestro dietro la presentazione di un progetto aziendale che prevede lo stoccaggio dei residui tossici nell’area di riempimento del nuovo porto di Genova–Voltri. E così nel settembre 1983 inizia lo scarico dei rifiuti in mare.
Questa situazione di inquinamento ambientale si protrae ancora per diversi anni, tra le proteste della associazioni ambientaliste, dei sindacati, della cittadinanza, dei medici del lavoro che denunciano una grave situazione di inquinamento da cromo ed evidenziando i possibili effetti dovuti ad inalazione dei veleni prodotti dalla fabbrica.
Fra processi, ricorsi,denunce, continua la “storia infinita” del disastro ambientale provocato dai reflui di lavorazione della Stoppani fino al riciclaggio dei rifiuti industriali, disciolti nelle acque acide.
Nel 2003 lo stabilimento cessa finalmente la produzione, lasciando un territorio devastato da un disastro ambientale di enormi dimensioni che saranno poi i periti a quantificare, finalmente nella loro imparzialità. I danni ambientali, che sono stati quantificati per un importo al disopra del miliardo di Euro, non sono mai stati risarciti né dai diretti responsabili, né dallo Stato che a tutt’oggi finanzia la messa in sicurezza con il conta gocce e non ha ancora preso nessun impegno per la bonifica del territorio. Le parti direttamente danneggiate, alle quali spetta di diritto il risarcimento, sono le due cittadine di Cogoleto e Arenzano, i lavoratori della ex Stoppani, dei quali molti di loro hanno perso il lavoro, altri hanno gravi problemi di salute ed alcuni hanno perso anche la vita. Tutto documentato!
Con una nota del 9 novembre 2006 il Ministro dell’ambiente, del territorio e del mare chiede la dichiarazione dello stato di emergenza, al fine di risolvere, con i necessari provvedimenti straordinari, la grave situazione di inquinamento in cui versa l’area industriale Ex Stoppani.
Il 23 novembre 2006 viene decretato lo Stato di emergenza per il sito d’interesse nazionale “Cogoleto – Stoppani” e successivamente viene nominato un Commissario delegato attribuendo allo stesso poteri straordinari per consentire il superamento dell’emergenza stessa”.
Dopo quattordici anni la Corte dei conti con sentenza 112/2011 condanna al risarcimento dei danni all’erario due dirigenti della Stoppani di Cogoleto e tre funzionari regionali complici del disastro ambientale.
Attualmente la messa in sicurezza del sito deve essere ancora terminata, sono stati spesi già 40 milioni di Euro e non è stato ancora chiarito a quanto ammonta la spesa complessiva e se i fondi saranno mai disponibili. Poi inizierà la bonifica ed anche in questa fase si parla di 500 – 800 milioni di Euro, a seconda del tipo di intervento legato alla destinazione dell’area. Nessuno ancora ha sviluppato un’idea sul futuro del sito Ex Stoppani e soprattutto sul futuro degli ex operai che a tutt’oggi 11 di loro non hanno ancora ottenuto una nuova collocazione.

Che disastro!!!

Vorrei sapere, da chi questi conteggi li sa fare, quanto danno ha cagionato la Stoppani da quando è esistita ad oggi, sottraendo sia pure gli utili. E quale devastazione di immagine ha anche subito la nostra politica a tutti i livelli. Ricordo perfettamente, ero ragazzo, quando i più "politici intenditori di cose pubbliche" sostenevano come una disgrazia non quantificabile la chiusura di questo disastro chiamato "Stoppani". Non eravamo nel medio evo, ma già promettevamo male!
Situazione Area ex Stoppani alla data del 12/10/2011 PDFStampaE-mail

Scritto da Salvatore Muscatello
Mercoledì 12 Ottobre 2011 21:03

E' nostra intenzione tenere aggiornati i Cittadini
sull'evoluzione del sito ex Stoppani.
Pertanto tutti i documenti ed informazioni utili
supportate da riscontri oggettivi saranno
pubblicati periodicamente sul nostro sito.
Sul confine dei due comuni tra Arenzano e Cogoleto, dove scorre il torrente Lerone, fu insediato nei primi anni del ‘900 lo stabilimento chimico Stoppani, avviando una produzione rilevante di sali di cromo, prevalentemente destinati alle concerie.
I problemi di inquinamento ambientale cominciano ad affacciarsi in modo clamoroso nei primi anni settanta, dove nelle colture della Val Lerone, la vallata in cui si trova lo stabilimento Stoppani, vengono trovate tracce di metalli pesanti tra cui il cromo.
La Capitaneria del Porto di Genova tenta di eliminare lo scarico dei residui al cromo sulla spiaggia di Cogoleto, emanando una ordinanza di divieto in base alla legge Merli. La Stoppani ricorre immediatamente contro tale atto, minacciando la chiusura e chiedendo tre anni di tempo per adeguarsi alle normative.
Il Tar Ligure, però, nel gennaio 1978 accoglie il ricorso e annulla l’ordinanza della Capitaneria di Porto.
La Stoppani riprende così a scaricare i fanghi sulla battigia, lasciando al mare il compito di smaltirli. I risultati si vedranno qualche anno dopo. Alcuni chilometri di litorale saranno interdetti alla balneazione e alla pesca, con danni di milioni di euro soprattutto alle attività turistiche.
Arriviamo al febbraio 1982 quando il Pretore di Genova-Voltri blocca la produzione dello stabilimento e sequestra gli impianti, avendo rilevato ripetute violazioni della legge Merli. Ancora una volta, di fronte alla minaccia di chiusura dello stabilimento, affiora per la prima volta l’idea di gettare i fanghi in mare. Dopo dieci giorni, il Pretore revoca il sequestro dietro la presentazione di un progetto aziendale che prevede lo stoccaggio dei residui tossici nell’area di riempimento del nuovo porto di Genova–Voltri. E così nel settembre 1983 inizia lo scarico dei rifiuti in mare.
Questa situazione di inquinamento ambientale si protrae ancora per diversi anni, tra le proteste della associazioni ambientaliste, dei sindacati, della cittadinanza, dei medici del lavoro che denunciano una grave situazione di inquinamento da cromo ed evidenziando i possibili effetti dovuti ad inalazione dei veleni prodotti dalla fabbrica.
Fra processi, ricorsi,denunce, continua la “storia infinita” del disastro ambientale provocato dai reflui di lavorazione della Stoppani fino al riciclaggio dei rifiuti industriali, disciolti nelle acque acide.
Nel 2003 lo stabilimento cessa finalmente la produzione, lasciando un territorio devastato da un disastro ambientale di enormi dimensioni che saranno poi i periti a quantificare, finalmente nella loro imparzialità. I danni ambientali, che sono stati quantificati per un importo al disopra del miliardo di Euro, non sono mai stati risarciti né dai diretti responsabili, né dallo Stato che a tutt’oggi finanzia la messa in sicurezza con il conta gocce e non ha ancora preso nessun impegno per la bonifica del territorio. Le parti direttamente danneggiate, alle quali spetta di diritto il risarcimento, sono le due cittadine di Cogoleto e Arenzano, i lavoratori della ex Stoppani, dei quali molti di loro hanno perso il lavoro, altri hanno gravi problemi di salute ed alcuni hanno perso anche la vita. Tutto documentato!
Con una nota del 9 novembre 2006 il Ministro dell’ambiente, del territorio e del mare chiede la dichiarazione dello stato di emergenza, al fine di risolvere, con i necessari provvedimenti straordinari, la grave situazione di inquinamento in cui versa l’area industriale Ex Stoppani.
Il 23 novembre 2006 viene decretato lo Stato di emergenza per il sito d’interesse nazionale “Cogoleto – Stoppani” e successivamente viene nominato un Commissario delegato attribuendo allo stesso poteri straordinari per consentire il superamento dell’emergenza stessa”.
Dopo quattordici anni la Corte dei conti con sentenza 112/2011 condanna al risarcimento dei danni all’erario due dirigenti della Stoppani di Cogoleto e tre funzionari regionali complici del disastro ambientale.
Attualmente la messa in sicurezza del sito deve essere ancora terminata, sono stati spesi già 40 milioni di Euro e non è stato ancora chiarito a quanto ammonta la spesa complessiva e se i fondi saranno mai disponibili. Poi inizierà la bonifica ed anche in questa fase si parla di 500 – 800 milioni di Euro, a seconda del tipo di intervento legato alla destinazione dell’area. Nessuno ancora ha sviluppato un’idea sul futuro del sito Ex Stoppani e soprattutto sul futuro degli ex operai che a tutt’oggi 11 di loro non hanno ancora ottenuto una nuova collocazione.
Allego:
1. Relazione 2007 Commissario Dott.ssa Brescianini clicca qui2. Relazione 2009 Commissario Dott.ssa Brescianini clicca qui3. Articolo Stampa 20/01/2009 La Repubblica clicca qui4. Sentenza 112/2011 della Corte dei Conti clicca qui

La gigantesca euro-truffa dei titoli Agea e dei finti allevatori

Multe ad allevatori veri, soldi pubblici europei ad allevatori falsi: a seguire la denuncia di Dino Rossi, dell'associazione allevatori Cospa.
''Questo è il quadro dell’agricoltura moderna, quella imperniata sulle quote latte e sui titoli AGEA acquisiti, o meglio acquistati clandestinamente, da società di comodo, con l’aiuto dei politici, delle organizzazioni sindacali agricole.
Nessuno di noi, degli agricoltori veri, è venuto a conoscenza dell’acquisto dei titoli AGEA, titoli che permette agli agricoltori, in questo caso quelli fantasma, di arricchirsi con i fondi comunitari, senza detenere un animale.
Da un lato gli allevatori che hanno superato la quota assegnatagli, sono costretti tramite cartelle esattoriali di pagare milioni di euro, alla CE, dall’altra parte c’è chi, con l’aiuto delle organizzazioni sindacali e della politica, percepisce fondi dalla CE, con delle società fantasma.
Le multe che stanno arrivando da nord a sud agli allevatori sono impressionanti, ad alcune cooperative sono arrivate cartelle di oltre 6 milioni di euro, tanto da spingere alcuni soci a farla finita, togliendosi la vita.
Mentre, le società fantasma, continuano ad aumentare a macchia d’olio, tanto da interessare la nostra Regione e i nostri piccoli comuni montani.
Una di queste società ha riscosso in un comune della provinca dell'Aquila 600 mila euro, con i famosi titoli AGEA acquistati e spalmati sugli usi civici, venduti dal comune sopracitato. Usi civici venduti al miglior offerente, cosa illegale, ma che è diventato di rito nella nostra Regione.
Tra l’altro, parecchi di questi titoli potrebbero provenire da quelle famose mucche, fatte vivere in eterno.
Di fatto, come relazionato dai carabinieri del NAC, 300.000 mucche sono vissute per 83 anni, che per tutto questo tempo hanno prodotto latte, senza mai ammalarsi, senza superare la quota.
Mucche che in realtà, vivono mediamente 8 anni.
Miracolosamente, sono arrivate ad essere così longeve e così rispettose della quota latte, tanto da incuriosire lo scrivente, al fine di chiedere il gene di questa mucca al ministero della salute, ad oggi nessuna risposta.
In realtà si tratta di una grande frode alimentare, che coinvolge i colossi della globalizzazione.
Queste mucche sono servite per italianizzare il latte dei paesi dell’est Europa, dove il latte costa circa 0.19 a litro e una volta rientrato in Italia, si sono servite delle fantomatiche mucche per italianizzare il latte.
Sono state coinvolte tante procure,ma nessuna di queste ha portato alla luce la verità.
Ecco la crisi da cosa è determinata, da imbrogli che tutela la politica e i sindacati e penalizza chi lavora, chi si alza al mattino presto per garantire agli italiani un prodotto locale, molto più sano di quello che troviamo sulle tavole con un nome italiano, ma che in verità di italiano ha solo il nome.
Per la prima volta, supplico le agenzie di informazione di divulgare questo comunicato, al fine di rompere il silenzio che si cela intorno ad un mondo imprenditoriale, che per la vergogna alcuni imprenditori la fanno finita con un cappio al collo, ancorato alla pala del suo trattore, con il quale ha lavorato fino al giorno prima, pensando che prima o poi la giustizia prevalga sul male.
Purtroppo siamo in Italia, una paese dei mangioni, ai quali le tangenti sono poche e cercano altri modi di prelevare soldi, per i loro sporchi comodi.''