domenica 5 gennaio 2014

La posizione dell'Italia
È scivolata in basso di 7 posizioni l’Italia, che nella classifica mondiale della competitività occupa ora il 47° posto, preceduta da paesi quali l’Arzebaijian, Brunei, Panama, Barhein e Barbados. Al vertice del ranking, invece, c’è anche quest’anno la Svizzera, cui viene riconosciuto il primato per l’alto livello di innovazionel’efficienza del mercato del lavoro, la sofisticatezza dell’ambiente di business, gli investimenti nella ricerca scientifica, ben collegata al tessuto produttivo, la trasparenza delle istituzioni e la complessiva stabilità dell’economia.

La classifica del Global Competitiveness Report 2013-2014, presentato nei giorni scorsi dal World Economic Forum, è basata sul Global Competitiveness Index, l’indice che misura la competitività di un paese secondo dodici parametri principali: istituzioni (burocrazia, trasparenza, corruzione, supporto alle imprese, dipendenza del potere giudiziario dal potere politico etc), infrastrutture, contesto macroeconomico, sanità ed educazione primaria, educazione superiore e formazione, efficienza del mercato del lavoro, grado di sviluppo del mercato finanziario, capacità tecnologica, dimensione del mercato, complessità del settore business e innovazione.

L’edizione di quest’anno ha analizzato il numero record di 148 economie nel mondo, confermando che la competitività di un paese è data soprattutto da due elementi: la capacità di innovazione e la solidità (e trasparenza) delle istituzioni. Al secondo posto del ranking c’è Singapore, seguita da FinlandiaGermania e Stati Uniti, che per la prima volta dopo 4 anni invertono il trend di discesa e riguadagnano, grazie al miglioramento del proprio mercato finanziario, due posizioni. Scendono di qualche posizione Svezia, Olanda e Regno Unito, pur rimandendo a presidiare la top ten. Salgono invece Hong Kong e Giappone, che si posizionano, rispettivamente, al 7° e all’8° posto.

In generale, dice il report del World Economic Forum, in questo ultimo anno l’attenzione dei paesi europei si è concentrata sul debito pubblico e sul tema della sopravvivenza della moneta unica, impedendo loro di focalizzarsi sui temi propriamente legati alla competitività. In particolare ciò è vero per l’Italia che, pur non essendosi posizionata nemmeno negli anni scorsi nella parte alta della classifica, perde ora un buon numero di posizioni anche rispetto alla Francia (23°) e alla Spagna (35°), ma piazzandosi comunque meglio di Portogallo (51°) e Grecia (91)°.

L’Italia, sostiene il report, è ben posizionata sul fronte della complessità del settore business, che le consente una produzione di elevata qualità, ed è favorita dalle dimensioni del proprio Pil, che ne fa la decima economia del mondo, e dall’estensione del proprio mercato. Tuttavia, permangono debolezze strutturali che ne viziano la competitività. Sono poco lusinghieri, per esempio, i punteggi attribuiti all’Italia per gli indicatori legati alle istituzioni: su 148 paesi, il Belpaese è al 140° per la fiducia dei cittadini nei propri politicie per la trasparenza delle decisioni politiche, al 103° per l’etica delle impreseal 126° per favoritismi nelle decisioni di funzionari pubblici, al 139° per spreco di risorse pubbliche. Va meglio sul fronte delle infrastrutture, dove l’Italia è 29° per qualità delle ferrovie, 14° per diffussione della telefonia mobile, 18° per disponibilità di posti aerei. Altri indicatori ci vedono al 6° posto per aspettativa di vita, al 40° per qualità dell’educazione primaria e al 72° per qualità dell’educazione superiore, ma al 126° posto per capacità di attrarre talenti. La capacità di innovazione complessiva del paese, invece è stata valutata al 31° posto.

"L'innovazione è oggi un fattore cruciale nel determinare la capacità dei paesi di guadagnarsi la prosperità" dice Klaus Schwab, presidente esecutivo del World Business Forum. "La tradizionale definizione che basata sulla distinzione fra paesi 'sviluppati' e paesi 'in via di sviluppo' è destinata a lasciare il posto a quella fra paesi 'ricchi di innovazione' o 'poveri di innovazione'. Pertanto è fondamentale che le classi dirigenti lavorino per creare nei propri paesi l'ambiente necessario a ricercare e perseguire l'innovazionenell'educazione, nella politica e nel business".

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