giovedì 17 marzo 2011

Il caso del superbacino.

Leggo sul IL SECOLO XIX del 22 febbraio, che "sotto la presidenza del professor Dagnino, l' Autorità portuale progettò e costruì il super bacino galleggiante di acciaio e cemento, considerato da tutti i tecnici all' avanguardia rispetto a quelli allora esistenti. La struttura quasi ultimata fu attraccata alla banchina "Chernobyl". Nel 1996, l'Autorità portuale decise di svendere il manufatto ad un riparatore navale turco alla cifra irrisoria di un milione di dollari circa un miliardo, cioè l' 1% del costo sostenuto dallo Stato: 100 miliardi." Fa male ricordare che l' operatore turco sistemò il bacino in due mesi e il primo lavoro, affidatogli dalla Sapiem (gruppo Eni) riguardava la ristrutturazione e la manutenzione di una piattaforma per l'estrazione del petrolio possibile solo con le dimensioni imponenti del nostro bacino." Trovo giusto che quando Novi, insediatosi alla guida della Autorità portuale, chiese ai ministri competenti il permesso per iniziare la procedura per ricostruire un super bacino, i ministri (Infrastrutture e Trasporti) dissero chiaro e tondo che "mai avrebbero autorizzato il Porto di Genova a costruire un bacino simile a quello svenduto."
E il successivo progetto relativo ad una vasca in muratura anche se approvato dal ministro delle Infrastrutture, venne successivamente cancellato da Tremonti, probabilmente la sindrome della vendita all' 1% della vecchia struttura era sempre presente.
Probabilmente i genovesi a cui la marina inglese nell' alto medio evo chiese il permesso di issare sulle proprie navi la bandiera genovese,(poi diventata con poche modifiche definitivamente inglese) per poter usufruire del rispetto che questa aveva dai pirati, erano genovesi sicuramente diversi da quelli che pochi anni fa vendettero il super bacino.

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