domenica 17 maggio 2015

Rieducare, favorire il reinserimento, e non attuare una rancorosa e bieca vendetta.

Nel nostro ordinamento la pena deve essere certa, deve rieducare, deve favorire il reinserimento nella società; in estrema sintesi non deve rappresentare una rancorosa e bieca vendetta.  Ormai vediamo e sentiamo alla televisione, con assuefatta indifferenza, che chi ha ucciso padre, madre e fratello, reo confesso, dopo nove anni dal delitto e in diretta televisiva, può contare sulla comprensione del nostro ordinamento giuridico. Difatti entrerà in pieno possesso dell'eredità per rifarsi una vita! Qualche addetto ai lavori, senza nessuna responsabilità, ha stabilito questo! Ma una volta non esisteva l'indegnità? Come sosteneva, sempre senza responsabilità, qualche perito sentenziò che il signor Minghella non era più pericoloso, potendo quindi usufruire di permessi che utilizò per violentare ed uccidere delle doppiamente sfortunate prostitute. La stessa libertà concessa, con una devastante competenza, a Cesare Chiti appartenente alla banda del Circeo a Roma, responsabile dell'omicidio di una ragazza. Questa libertà diede la possibilità a Chiti di entrare in contatto con la moglie e la figlia di un suo compagno di cella. Le uccise! Un altro signore uccise uno spacciatore e lo lanciò da un viadotto della Genova Milano. La lentezza del processo lo ha liberato. Quando glielo dissero non ci credeva, poi avrà pensato: "Siamo in Italia... devono rieducare reinserire  e non essere vendicativi." La stessa Italia dove il signor Corona, sicuramente poco simpatico ma non assassino, sta pagando fino all'ultimo la sua pena in prigione; per quale motivo Corona non accede a questi principi? Quale strana forza ci fa sopportare tutto questo al punto da non discuterne nemmeno più?

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