mercoledì 10 ottobre 2012

Milena sei la migliore.

Più delle parole contano i fatti. E i fatti dimostrano ogni giorno che i vertici di questa classe politica sono da archiviare, perché perseverano nel prendere decisioni contrarie all’interesse generale. Mercoledì il Parlamento ha scelto i nuovi commissari per l’Agcom. La legge richiede indipendenza e riconosciuta competenza nel settore, poiché senza indipendenza la competenza può essere utilizzata per favorire una parte contro l’altra, e senza competenza l’indipendenza è inutile e fonte di decisioni casuali. Da mercoledì un settore strategico per il nostro futuro come quello delle comunicazioni è nelle mani di Decina, Martusciello, Posteraro e Preto. L’indipendenza di Martusciello è dubbia, considerata la sua storia di ex dipendente Mediaset ed ex deputato Forza Italia, mentre la sua incompetenza specifica nel settore delle comunicazioni (sia sulle questioni tecniche che in quelle di prodotto) è pressoché certa. Idem per Preto (Pdl) e Posteraro (Udc). Decina (indicato dal Pd), pur essendo competente, è stato consigliere di amministrazione di Telecom Italia ed è, con le aziende di sua proprietà, consulente di moltissimi operatori soggetti alla vigilanza dell’Agcom. In sostanza 4 nomine che violano i requisiti di legge, e che danno vita ad un Consiglio pure squilibrato. È infatti ragionevole attendersi che su tutti i temi di interesse per Mediaset (la gara delle frequenze, le nuove regole sul diritto d’autore, il destino della rete Telecom) i commissari espressi dal Pdl abbiano un punto di vista favorevole all’azienda da cui proviene il commissario Martusciello. Quindi la maggioranza sarà saldamente nelle mani del commissario Posteraro scelto dall’Udc, indipendentemente dall’opinione del presidente (che deve ancora essere indicato dal Premier Monti) e del commissario indicato dal Pd. In sostanza il commissario Posteraro, con competenze limitate o assenti, deciderà sul futuro delle comunicazioni italiane. E questo dipenderà da dove si posizionerà Casini. Poteva andare diversamente se il Pd, dopo aver sbraitato per mesi su competenza e curricula, avesse indicato e preteso due tecnici autorevoli, indipendenti e competenti. Avremmo ora la garanzia di affrontare nel merito ogni singola questione, e con un importante ruolo “super partes” del Presidente in caso di parità tra i membri di nomina parlamentare. Purtroppo non sarà così e ce ne accorgeremo molto presto. Alla fine di agosto scadono i 120 giorni che il Decreto Fiscale del Governo Monti ha concesso ad Agcom e Ministero dello Sviluppo Economico per definire il destino delle frequenze da assegnare agli operatori televisivi. Meno di tre mesi per decidere: 1) come riorganizzare i 6 “multiplex” televisivi previsti dal “beauty-contest”; 2) per quanto tempo e con quali diritti d’uso assegnarle; 3) se assegnarle solo alle televisioni o anche agli operatori mobili, e infine come organizzare l’asta, cioè quanto farsi pagare. Dopodiché la mano passa al Ministero dello Sviluppo Economico per la gestione della gara. Decisioni urgenti e che condizioneranno pesantemente il panorama televisivo italiano. In che modo? L’Autorità potrebbe decidere di destinare le frequenze a nuovi operatori televisivi e non consentire la partecipazione alla gara di Rai e Mediaset. Potrebbe anche decidere di cederne una parte a Tim, Vodafone, Wind e La3, che sarebbero certamente disposti a pagare cifre molto alte a fronte di un aumento del traffico e della qualità del servizio per i propri clienti. L’Agcom potrebbe, infine, decidere di utilizzare una parte dello spettro per soddisfare le legittime richieste di Centro Europa 7 e delle emittenti locali, o per tentare di porre rimedio alla disastrosa ricezione del digitale terrestre Rai che affligge centinaia di migliaia di abbonati del servizio pubblico. Ma la maggioranza dei commissari potrebbe invece decidere di consentire la partecipazione alla gara di Rai, Mediaset e La7, ma non quella di Tim e Vodafone. La mancata partecipazione degli operatori di telefonia mobile ridurrebbe di molto il possibile incasso dello Stato. Ci sarebbe così meno competizione nell’asta e verrebbero a mancare gli operatori più ricchi. A questo punto l’Agcom sarebbe giustificata a suggerire al Ministero basi d’asta molto basse. Mediaset potrebbe dire “Visto? Le frequenze non le vuole nessuno”, e comperarle per un tozzo di pane. Una bella beffa per tutti coloro che si sono battuti per evitare che le frequenze venissero assegnate gratuitamente. L’azienda di Cologno invece potrebbe utilizzare quei canali e, fra qualche anno, in presenza di una forte pressione europea per liberare lo spettro dalle trasmissioni televisive a favore della telefonia mobile, potrebbe pretendere un congruo rimborso economico o il diritto di poterle utilizzare per la banda larga e fare concorrenza a Tim, Wind, Vodafone e La3, che l’anno scorso hanno speso più di un miliardo di euro a testa per assicurarsi frequenze analoghe. Come si può capire, due soluzioni dagli effetti economici diametralmente opposti per Mediaset e per i cittadini italiani. Bersani e il suo Pd hanno affidato la “golden share” su questa decisione nelle mani di una persona che, certamente, non ha mai sentito parlare di frequenze, “multiplex” e banda larga mobile. A breve vedrà la luce una nuova autorità, importantissima e decisiva, quella dei trasporti, che vuol dire Cai, Ferrovie, Alta Velocità, tassisti, trasporti urbani. Qui i regolamenti devono essere ancora definiti. Ci aspettiamo che Monti stabilisca regole e requisiti più stringenti, che renda tutto il procedimento trasparente e garantisca un collegio realmente super partes. Per allinearsi con la parte più civile dell’Europa, più che ai cacciatori di teste, si potrebbe pensare ad un concorso europeo. Quello che non vorremmo vedere è un esperto in telecomunicazioni, o un transfuga dall’autorità per i contratti pubblici, decidere per esempio sulle regole di competizione fra Italo e Frecciarossa. Milena Gabanelli

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